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  • Immagine del redattoreAldostefano Marino

Breve storia dell’ubriachezza, Mark Forsyth

Aggiornamento: 22 dic 2021

È polemica assai recente quella nata attorno agli otto euro per una bottiglietta d’acqua di Chiara Ferragni. Polemica abbastanza sterile: perché, per quanto il prezzo sia assurdo, chi può permettersela se la compra, chi non può, no!

I tempi stanno cambiando, dunque, perché se si legge Breve storia dell’ubriachezza, il saggio di Mark Forsyth pubblicato da Il Saggiatore, ed elegantemente tradotto da Francesca Crescentini, è ben spiegato come fossero organizzati i nostri avi più antichi: l’acqua ai poveri e il vino ai ricchi, soprattutto quando le acque da cui si attingeva per sostenersi erano sporche e portatrici di malattie.


Breve storia dell’ubriachezza è appunto la storia dell’ubriachezza, ripercorsa attraverso i popoli che hanno divinizzato questa condizione, quelli che l’hanno allontanata e coloro che invece hanno saputo sfruttarla saggiamente.


Attraverso un lessico semplice, ma quasi scientifico, molta ironia e tante informazioni sul mondo in cui viviamo – storiche, geografiche, antropologiche e sociologiche – Forsyth ricostruisce la Storia partendo dall’evoluzione della scimmia a uomo.

Darwin pensava che se gli uomini e le scimmie reagiscono allo stesso modo ai postumi della sbronza, devono essere imparentati

Secondo i suoi studi, pare che la birra esistesse ancora prima dell’agricoltura e dei templi, perché “abbiamo cominciato a coltivare perché volevamo qualcosa da bere”: intanto la birra è molto più facile da preparare rispetto al pane, contiene vitamina B, utile agli esseri umani per tenersi in salute. Se da una parte i cacciatori ricavano vitamina B mangiando animali, i coltivatori di cerali, se avessero mangiato solo pane sarebbero stati dei «mollaccioni anemici». Per questa ragione, intorno al 9000 a.C. abbiamo inventato l’agricoltura per ubriacarci: tanti sono i reperti archeologici che testimoniano la presenza degli alcolici, e molte sono le incisioni e la rappresentazioni riportate tra queste pagine interessantissime.


Dai bar sumeri, al Re Scorpione I che nell’antico Egitto venne sepolto con ben trecento otri di vino, fino alle parole di William James che sostenne che «La sobrietà sminuisce, distingue e dice no; l’ubriachezza espande, unisce e dice sì».


Passando poi, per il simposio greco, e gli androni, luoghi dove gli uomini si ubriacavano in compagnia di altri uomini, e le affarmazioni di Platone, secondo cui, se puoi fidarti di una persona sbronza, puoi fidarti di lei in ogni occasione, Forsyth attraverso Breve storia dell’ubriachezza, non vuole invitarci a ubriacarci, ma spronarci a fare, anzi, un uso corretto dell’alcool.


Leggendo questo manualetto ci si diverte tanto, si imparano tante cose: per esempio ho scoperto che l’Australia, un tempo, durante il 1700 è stata terra dove i coloni inglesi portavano gli ubriaconi londinesi devoti al diffusissimo gin (allora la sua graduazione alcolica oscillava intorno all’80% di volume). O, ancora, l’esistenza della dea britannica Madam Geneva, una vera celebrità nella sua epoca, sulla quale poeti e scrittori scrivevano opere e poemi per onorarla.

Magari non sapete neanche voi che, all’interno del Corano, il paradiso viene descritto come un luogo attraversato da fiumi pieni di un vino «delizioso a bersi».

E che cosa è questo saggio, se non un’accurata ricerca sociologica e antropologica attorno agli usi e costumi degli uomini?, fin dal Medioevo, delle taverne, delle birrerie, dei sumbel vichinghi, e dei salotti western, per arrivare ai conosciuti e frequentatissimi pub.

Usi e costumi di persone che, finito il proprio lavoro, o prima di cominciarlo, tutte insieme bevono: perché, in qualsiasi epoca o luogo, tutti gli esseri umani si sono sempre riuniti per ubriacarsi.


Un saggio piacevolissimo da leggere mentre si beve vino – condizione necessaria sostituibile con qualsiasi altro tipo di bevanda alcolica – che mi sento di consigliare con estrema sincerità: per imparare divertendosi: la storia dell’alcool come non era mai stata raccontata.

Non è l’alcool a renderci nervosi, egoisti, violenti: chi è violento diventa più violento, chi pacifico, idem. Insomma che cos’è l’alcool, se non un piacevole mezzo attraverso il quale poter essere veramente noi stessi? Liberi e smisuratamente felici? O comunque, meno delusi dalla vita o stressati dai nostri tran tran quotidiani? Non è forse vero che l’uomo è stato concepito a immagine e somiglianza di Dio? E allora…

Dio non potrebbe mai essere noioso. E gli esseri umani, da ubriachi, non si annoiano mai.
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