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  • Immagine del redattoreAldostefano Marino

E Baboucar guidava la fila, Giovanni Dozzini

Aggiornamento: 22 dic 2021

Giovanni Dozzini, giornalista e traduttore, pubblica con la casa editrice Minimum fax il suo quarto romanzo E Baboucar guidava la fila. Non una, ma tante storie, tutte estremamente raffinate e scritte con eleganza. Tutte senza nessuna morale. Forse, come unico scopo, il tentativo di normalizzare ciò che ci spaventa.


I protagonisti delle centocinquanta pagine della romana casa editrice, sono quattro giovani ragazzi che vengono dal Mali. Si chiamano Baboucar, Yaya, Ousman e Robert, e hanno attraversato l’Africa e il Mediterraneo per arrivare in Italia.


Di questo lungo ed estenuante viaggio si racconta non la traversata, ma la meta. Non la preoccupazione di non sapere ciò che aspetta loro, ma la delusione di vedere ciò che hanno trovato. Infatti, la loro storia, comincia quando i quattro ragazzi sono già in Italia. Tra di loro c’è chi aspetta la prima udienza, chi si trova ad attendere il ricorso in primo grado in tribunale e chi, invece, ha già ottenuto la protezione sussidiaria.


Baboucar, Yaya, Ousman e Robert, un fine settimana qualunque, decidono di andare a Falconara Marittima per vedere il mare. Per alcuni di loro è l’occasione per allontanarsi dalle donne di cui sono innamorati e distrarsi; per altri, invece, è il sogno di poter vedere quella spiaggia e divertirsi senza pensare troppo. Non hanno i biglietti per l’autobus, solamente pochi spicci nei portafogli, e nemmeno un posto in cui dormire, ma partono felici e all’avventura.


E Baboucar guidava la fila, racconta le quarantotto ore di divertimento, giochi, e piccoli avvenimenti che succedono ai quattro giovani protagonisti del romanzo.


Il viaggio metaforico che i quattro giovani compiono è scandito da incontri bizzarri e dalla fatica che ognuno di loro fa per riuscire a esprimersi in italiano. Un viaggio di appena due giorni: multe, qualche litigio concluso male, la finale degli Europei di calcio tra Francia e Portogallo; due giorni, durante i quali, i quattro amici, si ritroveranno a camminare in fila indiana lungo le strade del Centro Italia.

Quando lo leggerete non aspettatevi finti buonismi, né spesso-sentite banalità. Ciò di cui racconta Baboucar è l’assoluta normalità.


E Baboucar guidava la fila è una favola quasi antropologica. Una storia per vedere più da vicino. Per alcuni versi una favola pasoliniana, il cui unico intento è descrivere una giornata qualunque di quattro profughi. Il verbo chiave è: normalizzare.


Per raccontarli, Dozzini, decide di utilizzare anziché il proprio, il loro modo di comunicare: un italiano monco e sgualcito, che continuamente si mescola a un inglese mal parlato. Baboucar, Yaya, Ousman e Robert mi ricordano i giovani protagonisti di Ragazzi di vita (Pasolini, 1955): giovani sognatori, talvolta impauriti, arrabbiati o nostalgici, che si affannano per restare al mondo felici in una infelice realtà.


Baboucar è un libro malinconico, ma dolce. Un libro che parla d’amore e di speranza. La normalissima storia di quattro normalissimi amici.


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