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  • Immagine del redattoreAldostefano Marino

Lo straniero, Albert Camus

Aggiornamento: 22 dic 2021

Lo straniero fu il romanzo che portò a Camus notorietà e riconoscimento presso i lettori di metà Novecento. Pubblicato nel 1942, fu il primo racconto dell’autore. Immediatamente riconosciuto dalla critica come uno dei romanzi fondamentali della letteratura universale, il primo a cantarne tutta la potenza fu il filosofo Jean Paul Sartre.

Il romanzo, in realtà, si poteva dire già concluso sul finire degli anni Quaranta, quando i tedeschi invadono il Belgio e i Paesi Bassi. Camus, a quel tempo, si è rifugiato ad Algeri, e proprio in quel luogo ambienta il suo primo romanzo.


Tra il caldo asfissiante di un luogo, descritto in modo che il lettore possa percepirne tutto il calore, i bei colori dei tramonti algerini, il cielo limpido e la natura sconfinata, Lo straniero assomiglia quasi a una cronaca. Anche il linguaggio è preciso, tagliente, conciso: mai ridondante, che difficilmente si abbandona a supportare le velleità prosastiche del testo.

Tutt’oggi, Lo straniero, viene da molti annoverato come uno dei cento libri imperdibili del Novecento: il quotidiano francese Le Monde, per esempio, lo posiziona al primo posto di quei cento libri. Per una tale operazione ci sono tutti i presupposti: perché Lo straniero è un romanzo tanto attuale quanto storico; se infatti narra dei sentimenti dell’uomo in un preciso momento, anche per il lettore contemporaneo è facile riconoscersi nel personaggio di Meursault.


Meursault non è nient’altro che un uomo, un uomo solo davanti alle assurdità della vita: tema caro a Camus, quello delle assurdità della vita, tanto che lo si ritrova facilmente in molti altri testi dell’autore. In balia dei cambiamenti e delle decisioni che lo riguardano, tutti i giorni della propria esistenza, l’unico moto di Meursault è quello che lo conduce all’ufficio. In questo continuo succedersi di passi senza meta, una mattina come un’altra, Meursault riceve la notizia che sua madre è morta presso l’ospizio in cui l’aveva fatta ricoverare.

Oggi è morta mamma. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: «Madre decaduta. Funerali domani. Distinti saluti.» Non significa niente. Forse è stato ieri. Camus A., Lo straniero, Bompiani, Milano 2015 (p. 19)

Meursault è un modesto impiegato ad Algeri di origine francese. Questo è il primo modo in cui Meursault si sente straniero: straniero ad Algeri, straniero in Francia.


Scoperta la scomparsa della propria madre, Meursault raggiunge l’ospizio, dove scopre che negli ultimi mesi si era avvicinata a un uomo. Il fatto gli sembra strano, ma tuttavia anche a tale notizia, oltre allo stupore, non prova niente. Né consolazione, né contentezza proveniente dal fatto che qualcuno abbia potuto accompagnare sua madre negli ultimi giorni di vita. Per un figlio, quel momento narrato dovrebbe essere dolore, invece per Meursault è totale indifferenza e apatia. È così che il figlio assiste alla sepoltura della madre, mentre la terra le cade sul corpo e sul volto; con apatia e indolenza, dando ascolto solo ai propri pensieri: la fame, il sonno, e il caldo che lo opprimono.

Tornato a casa dopo il triste momento, Marie, una donna conosciuta da poco, gli chiede di sposarla. La loro relazione è, come le giornate che vivono: una relazione qualunque. Non c’è molto sentimento, anzi, si dovrebbe dire che Meursault ribadisce a gran voce di non provare amore per lei. Eppure Marie insiste: è indifferente ai sentimenti reali che Meursault prova o non prova per lei, come Meursault è indifferente alla decisione di sposarla o meno. Per lui «fa lo stesso». E a Marie, in qualche modo, basta questo: poiché neanche lei è destinata a portare un po’ di movimento nella vita indolente dell’impiegato.


I personaggi che orbitano attorno a Meursault vivono all’interno del suo condominio: personaggi ambigui ma metafore di modi di vivere attuali.


Primo fra tutti uno strano vicino, che percuote il suo cane dalla mattina alla sera; che sfoga su quel povero essere vivente, l’unico in grado di stargli accanto, tutto il proprio dolore e la propria insofferenza. Perché a differenza di Meursault, quel vicino particolare ha bisogno dell’affetto di qualcuno che sappia darglielo senza ragione; che sappia amarlo oltre il suo essere umano crudele. Occasione per Camus di esprimere i propri sentimenti rispetto al sentimento dell’amore, altrettanto nullo, vanesio e casuale come le vite dei cittadini del mondo contemporaneo.

E secondo all’uomo che percuote il suo cane – ma se la giocano entrambi per il primo posto di vicino strano –, c’è Synthès, un magazziniere che in realtà è uno sfruttatore di donne. Un uomo violento, che non perde mai occasione per litigare con la donna che vive con lui. Un individuo, anche egli, verso cui Camus non esprime giudizi: poiché anche Synthès, come Meursault altro non è che un uomo in balia delle assurdità di un mondo che non possiamo dominare; ma che ci illude, in verità, che qualcosa sia demandato al nostro giudizio.


Per una serie di circostanze puramente casuali, mentre si trova in vacanza con degli amici sulla spiaggia, Meursault spara contro un arabo.


Tuttavia, quel fatto realmente accidentale non lo scuote; non lo spaventa, ed è come se non sia accaduto. È così che Meursault fa presto a diventare l’emblema di un uomo che vive una vita in cui non ha nessun potere decisionale: egli è totalmente affidato al fato, al caso, e non può che soccombere a esso. Anche quando il fato ha deciso di giustiziarlo e condannarlo alla prigione.

Chiamato a dover rispondere legalmente delle proprie azioni, Meursault non nega ciò che ha fatto; ma nemmeno riconosce la gravità delle proprie colpe. Egli non cerca giustificazioni, né tenta di trovare un alibi: ammette di non sapere perché ha commesso il delitto. Ed è questo suo aspetto che fa allarmare i giudici: non tanto il reato di poco conto commesso, ma il modo in cui Meursault si dimostra del tutto indifferente a ciò che ha fatto.


Per Meursault, Camus non esprime alcun giudizio: è il lettore a doverlo fare. Il lettore, infatti, trovandosi sullo stesso piano del protagonista dello Straniero, può solo assistere agli eventi narrati, senza nulla potere davanti a essi. Sono il cinismo di Meursault e il suo vuoto interiore sono in grado di scuotere il lettore. Perché Meursault non reagisce? Perché non si difende? Anche quando gli viene concessa la possibilità di confessarsi prima della propria condanna, perché si nega al perdono? È un’indifferenza che sulla carta non trova ragioni, e non si comprende, e perciò, la verità davanti a cui Camus ci pone è totalmente negativa, senza alcuna via di scampo.


L’uomo, nemmeno davanti ai fatti più atroci della propria vita può veramente manovrare i fili dell’esistenza. Così come non può nulla davanti alla morte della propria madre, nulla può davanti alla propria cattiveria. Un essere umano senza scampo, egoista come il protagonista della Caduta, insofferente e al contempo indifferente a tutto ciò che gli accade. Dove l’unica propria preoccupazione è il sé. Eppure, nello Straniero, neanche un po’ di amor proprio riesce a salvare Meursault, e si realizza dunque l’emblema di un uomo totalmente inerme davanti alla vita.



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