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  • Immagine del redattoreAldostefano Marino

Una questione privata, Beppe Fenoglio

Aggiornamento: 22 dic 2021

È il 1963, sono trascorsi due mesi dalla scomparsa di Beppe Fenoglio – quando Einaudi pubblica Una questione privata; il libro più celebre, e forse più riuscito dello scrittore piemontese delle Langhe.

La questione, anche in questo libro si avvolge attorno alla lotta partigiana, ma stavolta c’è di più: in ballo c’è una questione privata.


Fenoglio, lo scrittore per eccellenza di quel periodo storico ricordato con il nome di Resistenza, comincia a lavorare a Una questione privata tre anni prima dell’uscita, al principio del 1960. Ma prima che il testo veda la luce saranno necessarie ben tre stesure, alle quali, di volta in volta, cambierà dei pezzi, delle vicende cruciali. Solo dopo la sua morte, il testo verrà rimaneggiato e sistemato in una forma definitiva, che è quella che oggi i lettori si possono procurare in una qualsiasi libreria mediamente assortita.


Una scomparsa prematura dello scrittore, che fino ad allora aveva scritto tanto ma non aveva potuto vedere la luce dei suoi lavori più importanti. Se infatti i libri scritti erano stati molti, quelli pubblicati in vita erano stati solo tre: I ventitré giorni della città di Alba (1952), La malora (1954), Primavera di bellezza (1959). Quest’ultimo titolo era in realtà una parte di un’idea di romanzo ben più ampia; Primavera di bellezza, pubblicato da Garzanti, infatti, si completava con un altro testo ancora, ovvero il ben celebre Il Partigiano Johnny (1968), pubblicato da un Einaudi solo dopo la sua morte. La prima versione unitaria delle due parti, si avrà solo con Il libro di Johnny, pubblicato da Einaudi nel 2010.

Ritorniamo però agli esordi. L’ingresso di Fenoglio nel mondo editoriale, tanto atteso, è favorito da due personaggi fondamentali nell’Einaudi di allora: Natalia Ginzburg ed Elio Vittorini.


Vittorini, in particolare, era alla ricerca di un autore da poter inserire all’interno dei Gettoni einaudiani, una collana dedicata agli scrittori italiani contemporanei. Ed è proprio in quell’occasione che Fenoglio farà la conoscenza di Italo Calvino, del quale, insieme a Natalia Ginzburg, sarebbe diventato poi un amico leale.

Ciò che per tutta la vita ossessionò Fenoglio fu il desiderio di scrivere il «libro-grosso» che potesse essere una diretta espressione della Resistenza, un racconto diretto dei partigiani.

Il libro-grosso che potesse raccontare ciò che veramente era stata ed era la guerra; il modo in cui era in grado di trasformare le persone, di corroderle nel profondo, anche quando occupavano la parte definita giusta.


Una questione privata fu uno dei romanzi ricomposti e a partire dai testi e dagli scritti rinvenuti dopo la morte di Beppe Fenoglio. Come tutti gli altri della sua produzione letteraria postuma, è considerato uno dei testi più attendibili della e sulla Resistenza.


Così come nell’attendibilità di scrittore, in Una questione privata, l’elemento autobiografico è imprescindibile: Fenoglio ha vissuto la Resistenza. In giovinezza Fenoglio prese parte alla formazione autonoma degli azzurri, ovvero quella formazione di partigiani nati sotto il governo guidato da Pietro Badoglio. Valoroso e attivo fu il suo contributo, che prima di essere un narratore di quelle gesta, le compì in prima linea.


È lecito pensare che, proprio come Milton – il protagonista del romanzo breve – Fenoglio potrebbe persino aver vissuto l’amore provato dal lui. Di sicuro Fenoglio ha vissuto e lottato per gli stessi ideali che incarna Milton: uno studente che combatte per la propria patria, ma che è ostile alla violenza e al dolore che genera la lotta. In fondo, poi, questo protagonista porta il nome di uno dei pilastri della letteratura inglese: John Milton. Nome che origina da una certa passione di Fenoglio per l’inglese. E ancora ritorna questa tendenza verso un certo autobiografismo: ma non era evidente sin dalle fondamenta che un ex partigiano che voleva creare una letteratura della Resistenza inevitabilmente finisse per raccontare anche se stesso?


L’eroe di Una questione privata è un eroe particolare, perché non è acclamato dalla folla: e forse, questo, è uno dei pochi elementi di non-contatto tra Fenoglio e Milton.


Tuttalpiù, Milton è un personaggio solitario, taciurno, doverosamente rispettoso al compito che decide di perseguire, ma che partecipa alla lotta per finalità del tutto diverse dal movimento partigiano. È un personaggio che si lascia andare al giudizio delle criticità che il proprio ruolo comporta; si sottrae agli istinti di violenza, e si divide tra il pensiero per la propria madre e quello per la donna amata.


Ciò che lo anima, in quella battaglia che va avanti da settimane – ma ormai da anni – che si consuma nell’angoscia dell’essere attaccati dai nazifascisti, nella paura di esser visti da qualcuno dello schieramento opposto, è l’amore per Fulvia. Fulvia è la donna che Milton ha amato, ed è il ricordo da cui si mette in moto la storia. Solo il suo amore è in grado di consolarlo, e di sottrarlo al dolore e alla miseria a cui prende parte nella lotta quotidiana.


Milton, ricapitato nella villa in cui a lungo aveva abitato il suo amore, viene a scoprire che Fulvia, per molto tempo, potrebbe averlo tradito con un suo fedele amico.


Il nome dell’amico è Giorgio, Giorgio Clerici. Un ragazzo con cui Milton è cresciuto, e con cui ha mosso i primi passi nella formazione dei partigiani. Milton a tutta prima non vuole crederci; è determinato a incontrare Giorgio e domandargli se è vero ciò che gli è stato raccontato. In un continuo interrogarsi, nel suo errare senza sosta, Milton ha solo bisogno di sapere se Giorgio è stato veramente in grado di tradirlo. E ancora, nel frattempo, di capire se la sua amante è stata in grado di infliggergli un colpo così duro. Ma all’improvviso c’è un contrattempo, un imprevisto che non era stato calcolato. Giorgio, nella fittezza della nebbia viene catturato dai fascisti.


Da quel momento prende il via la vera e propria narrazione sulla lotta partigiana. E immancabilmente, il racconto, con i suoi ritmi serrati, precipita nella narrazione di una continua fuga, di un perenne inseguimento.

Milton vorrebbe a tutti i costi trovare un prigioniero nazifascista, un giovane. Non vuole fargli del male, no: Milton è avverso a ogni tipo di violenza, e lo ribadisce, non manca volta in cui non lo faccia. Vorrebbe semplicemente offrirlo agli avversari per avere indietro il suo compagno Giorgio. E in questo ideale che persegue, l’unica cosa che per lui conta davvero è poter conoscere la verità da parte di Giorgio.


Sopra ogni sentimento narrato nel romanzo, è la speranza a troneggiare: Milton ha a cuore che anche gli ostaggi vivano bene, perché anche se bestemmia e non crede in Dio come nella dittatura, è convinto che tutto, in qualche forma, torni. Ed è così che vive: cercando di fare il meno male possibile e di portare avanti solo ideali di libertà e di giustizia. Poiché nel mondo di Milton, il bene che hai fatto fa un giro per poi ritornare; e il male che hai provocato, non si sottrae al medesimo destino.


Si potrebbe dire che al centro di Una questione privata ci sono due lotte: da una parte quella di ragioni civili e sociali; dall’altra, invece, quella che combatte per le ragioni sentimentali.


Né l’una né l’altra ragione rendono i morti, le stragi, e la violenza accettabile. Un po’ come a ribadire – o forse anticipare – ciò che Moravia andava dicendo nelle sue storie, intento a raccontare altri mondi, altre vite. Egli sperava che la guerra potesse diventare un taboo. Non nell’auspicio che si smettesse di parlarne; ma proprio nel senso di avere orrore a farne. Sempre. Per qualsiasi ragione la si faccia.




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