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Immagine del redattoreAldostefano Marino

Lettere ad Amelia Rosselli, Alberto Moravia

Aggiornamento: 13 mar 2023

Forse non tutti sanno che Alberto Moravia si avvicinò alla scrittura in maniera consapevole durante la lunga permanenza nel sanatorio dei Codivilla. Allora, il caro Moravia, aveva appena compiuto gli otto anni e prima di essere accolto nella clinica di Cortina d’Ampezzo dovette passare per cure sbagliate e dolori lancinanti.


Sarà sua zia Amelia Pincherle Rosselli – sorella del padre Carlo e madre dei due famosi antifascisti Carlo e Nello Rosselli – a spronare suo fratello ad affidare il giovanissimo Moravia, ammalato di coxite, alle cure del Vittorio Putti, direttore dell’ospedale Rizzoli.

In quegli anni per la tubercolosi ossea non era ancora stata trovata una cura; i pazienti si affidavano alle attenzioni degli ortopedici, e spesso le cure non risultavano adeguate alle complicazioni di quella malattia. Perciò, l’apertura dell’Istituto Elioterapico Codivilla si presentò agli occhi di molti come una nuova possibilità di salvezza.


Le quarantadue lettere di Moravia ad Amelia Rosselli provengono quasi interamente dall’archivio della Fondazione Rosselli di Torino.


Sono lettere che permetto agli amatori di Moravia di guardare più da vicino a quel periodo infausto che l’autore visse. Un periodo che in qualche modo è stato fondante per l’intera produzione dell’artista; un periodo di sicura fertilità artistica. Ma anche un momento di dolore, di sofferenza e solitudine, dove al di là della contemplazione delle montagne innevate e delle ore trascorse al sole, Moravia fu costretto a fare i conti con la propria ingombrante coscienza. Non a caso, quella solitudine e quel dolore dell’infanzia, ritorneranno proprio in uno dei suoi celebri romanzi: Agostino (Bompiani 1944).


È un Moravia ancora inesperto quello che incontriamo in questi carteggi; un Moravia che non si è ancora fatto un’idea precisa del mondo, ma che ancora così giovane, rifiuta del tutto quel mondo borghese in cui è cresciuto. Quello stesso mondo borghese, di artifici e finzione, che Moravia riscontra anche tra i Rosselli.


Forte, in quegli anni, è difatti l’influsso di Amelia Pincherle, nota autrice di teatro e di alcuni romanzi ormai dimenticati come Topinino, Storia di un bambino (1905); ma insieme a lei, anche suoi figli Carlo e Nello contribuiscono a dar forma ai pensieri di Moravia. I due cugini grandi che vivono a Firenze, e che partono per il mondo a conoscere la Storia e compilare tesi di laurea, sono per Moravia ispirazione. Ma se da un lato, Moravia risulta attratto dalla loro forza di carattere, dall’altro il suo giudizio è spietato, e ritiene anche loro vittime di una falsa borghesia.


È singolare il fatto per cui, all’interno della stessa famiglia – e durante gli stessi anni – sia Moravia che i Rosselli «maturano una delle maggiori esperienze letterarie e una delle maggiori esperienze politiche del Novecento».


È in qualche modo la presenza e l’attenzione di Amelia Pincherle Rosselli a fare da perno tra i cugini. D’altronde, come ho ricordato poco innanzi, nel 1924 il suo intervento fu cruciale per la grave malattia che allettava Moravia.


Se il loro rapporto appare tanto forte nelle lettere, è noto che a partire dai primi anni Trenta vada ad affievolirsi. In quegli anni Alberto è ormai il celebre autore degli Indifferenti, mentre Carlo è il leader di Giustizia e Libertà. Inoltre, è proprio in quegli anni che l’azione dei fratelli volge ad affermare una nuova ricostituzione delle libertà e del potere; la loro lotta tuttavia porterà alla scomparsa nel 1937 dei due fratelli, uccisi in Francia da sicari francesi per conto dei servizi segreti italiani.


Questo evento, però, anziché abbreviare le distanze tra i Rosselli e Moravia, contribuì a segnare un più netto distacco. Prima per lo strano silenzio pubblico di Moravia in merito ai fatti, poi per quell’interseco significato del Conformista («il più inquietante ed enigmatico dei romanzi moraviani, nel quale viene adombrata la tragedia di Bagnoles-de-l’Orne»).


Se le lettere raccolte nel volume vantano il pregio di informare il lettore su un passato di Moravia poco narrato, non va dimenticato il preciso ruolo storico e culturale che assumono in una prospettiva più ampia.


Il corpus di lettere si spinge oltre i rilievi biografici; coinvolge eventi, giudizi, fatti storici di interesse generale. Non si appresta a definirsi fondamentale per la sola ragione di raccontare un Moravia inedito, ma anzi, fornisce informazioni circa la moralità di quegli anni; una borghesia che si piega facilmente alle volontà del denaro, e che ha perso ogni suo valore.


Quella stessa borghesia che sarà tema centrale di tutta l’opera moraviana; prima con Gli indifferenti, e poi con i romanzi che portano in scena l’inadeguatezza dell’uomo del Novecento e la soppressione di tutte le sue volontà.

Allo stesso tempo, le lettere ad Amelia Rosselli sono fondamentali per comprendere il personaggio di Amelia. Di lei, infatti, non sono molte le opere in circolazione, tanto che il suo nome si fa presto a confonderlo con quello più attuale della nipote.

Molto diverse furono comunque le scelte di Amelia, che dal patrimonio delle memorie di famiglia, soprattutto nei primi e più difficili anni fiorentini, attinse le ragioni e i valori per una rifondazione dell’identità personale e familiare in uno stile di vita generosamente e responsabilmente operoso nel presente […] Con notevole modernità e intelligenza, Amelia interpreta il proprio compito educativo nei confronti dei figli senza abbandonare, ma anzi valorizzando quell’impegno sociale, letterario e civile che le era a cuore. Lettere ad Amelia Rosselli, Moravia A., Bompiani, Milano 2009 (p. 13)


Le lettere rinvenute di Moravia alla zia Amelia sono un documento diretto degli anni della malattia.

Grazie a quelle lettere è possibile vedere quella sofferenza che Moravia si porterà dietro per tutta la vita; dimostrano l’incertezza sul futuro e quel sentimento di noia già citato. Allora, colpirà il lettore la maturità di un Moravia adolescente, che nell’affrontare quel male oggettiva le conseguenze e le manda per iscritto alla zia.


Dal 1° giugno del 1924, arrivato al sanatorio all’età di sedici anni, Alberto ne uscirà sedici mesi dopo, quasi diciottenne. In quel momento Moravia avrà scritte le sue prime poesie – un’altra ragione per cui l’epistolario si è rivelato prezioso; avrà posto le basi per il suo romanzo fondamentale, di cui si appresta a cominciare una rilettura totale.


E quella sofferta permanenza, per cui sarà costretto ad abbandonare la frequentazione dell’istituto scolastico e ad annoiarsi sui suoi libri senza né metodo né guida, diviene allora l’occasione per un’indagine biografica, sì, ma soprattutto storica e politica.


Simone Casini è il curatore del corpus di lettere.


Studioso di autori del Novecento, Casini (Firenze, 1963) ha pubblicato vari studi, tra cui compaiono quelli su Alfieri, Botta, Gadda, Moravia e molti altri. A lui è affidata l’edizione e il commento alle Opere di Moravia, attualmente al quarto volume e in corso di pubblicazione presso Bompiani. Preziosa, per la comprensione del testo, risulta dunque l’Introduzione compilata da Casini, che ha il potere di far luce ed evidenziare i punti di contatto con l’opera moraviana.

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