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Quattro chiacchiere con Maria Frangoulis

Aggiornamento: 16 giu 2022

Ormai diversi mesi fa, nel febbraio 2021, quando l'Italia era stata appena blindata e il lockdown stava per essere adottato da tutti come misura preventiva alla diffusione del Covid, il mio destino e quello di Maria Frangoulis si sono incrociati su un social network.


Era appunto un pomeriggio di febbraio quando Maria Frangoulis, attirata da alcuni contenuti dedicati a Elsa Morante, mi scrisse un messaggio che cominciava così «Buonasera, sono molto felice di aver scoperto il tuo account. Ho ritrovato tanti dei miei autori amati: Rosselli, Ginzburg e l'immensa Elsa», e infine, concludeva: «Sto traducendo in greco Menzogna e Sortilegio, mi manca la metà».


Provate a immaginare che cosa abbia significato per me quel messaggio, quelle parole. Che cosa potesse voler dire entrare in contatto con la traduttrice greca dell'unica opera di Elsa Morante che non avevo letto. Menzogna e sortilegio mi era stato regalato per Natale, ma come sono solito fare davanti agli autori e le autrici che amo, avevo deciso di lasciare da parte quell'ultima impresa, come si fa quando si tenta di rimandare qualcosa che non vogliamo finisca subito.


Il messaggio di Frangoulis si è immediatamente convertito in una necessità impellente di mettermi a leggere Menzogna e Sortilegio, e nel frattempo, le conversazioni tra me e Maria si sono fatte più frequenti. Abbiamo cominciato a sentirci per telefono, a tenerci aggiornati sulle nostre letture. Ci siamo scoperti entrambi innamorati degli stessi autori e delle stesse autrici, e specialmente affascinati davanti al ruolo che la letteratura riveste: in questo caso, quello di unire persone che vivono da parti opposte, in luoghi distanti, ma che amano cose del tutto simili. Fin dal primo momento in cui abbiamo cominciato a parlare mi son detto che sarebbe stato bello offrire ai miei lettori un racconto inedito su una delle scrittrici più importanti del secolo scorso.


Il racconto che ne avrebbe fatto Maria Frangoulis, il suo sguardo esterno su un'autrice tanto rappresentativa della nostra letteratura, quello di una studiosa raffinata che si accingeva a tradurre la seconda metà di un'opera monumentale e senza precedenti. Così, quasi un anno dopo da quella nostra prima telefonata, ormai terminata la traduzione di Menzogna e sortilegio, abbiamo deciso insieme di provare a osservare da più vicino il lavoro di Maria Frangoulis, la sua dedizione, la preparazione e gli studi che ha dovuto affrontare prima di cimentarsi nel lavoro di traduzione; il suo amore per la poesia, per Amelia Rosselli e Dino Buzzati, gli esordi presso l'Archivio di Lalla Romano.


Di questo e molto altro ancora abbiamo parlato io e Maria, nella speranza che mai si smetta di alimentare il ricordo di questi autori, le cui parole appaiono ancora oggi piene di poesia e significati che non dovremmo dimenticare.


Quando è nato il Suo interesse per la traduzione letteraria? In che modo ha scoperto che questo mondo, fosse, in qualche modo, il Suo mondo? Le va di raccontarci l'esordio di questa lunga storia d'amore?

Devo ricorrere ai tempi dell’università, quando studiavo archeologia e storia dell’arte. All’epoca leggevo tanta poesia italiana e mi ero messa in testa di imparare l’italiano e approfondire questa lingua. L’italiano è stata la terza lingua che ho imparato, dopo l’inglese e il francese, studiati nei miei anni scolastici. Mi suonava come una lingua affascinante e familiare per vari motivi. Essendo ancora una studentessa e un'appassionata di letteratura, ho provato a tradurre dei brevi testi per alcune riviste letterarie. Il primo autore a cui mi sono approcciata è stato Dino Buzzati, di cui ho presentato La boutique del mistero all'esame orale per la certificazione di lingua italiana. È stato un incontro che mi ha segnata, anche se non ho mai avuto l'onore di tradurre qualche sua opera per un editore. Buzzati è stato poi lo spunto per incontrare altri autori italiani, specialmente poeti del Novecento.

So che lei ha lavorato all’Archivio di Lalla Romano quando ancora non esisteva. Che cosa ricorda di quel tempo? Che cosa ha significato per lei soggiornare nelle stanze in cui Romano ha vissuto, amato, sperato e scritto?

Parliamo degli anni in cui ho vissuto a Milano. Dapprima avevo cominciato una collaborazione presso Crocetti Editore, per quanto riguardava opere di autori greci (mi occupavo di revisionare traduzioni e correggere le bozze di edizioni bilingue di poesia). Devo dire che questa è stata un’esperienza preziosa, formativa. Nello stesso periodo, per quasi un anno ho lavorato all’Archivio di Lalla Romano, che all’epoca si trovava nella sua casa di Via Brera 17. Nel 2011 avevo tradotto alcune poesie di Lalla Romano per una rivista letteraria, e mi ero messa in contatto con Antonio Ria che gestiva il suo Archivio. Quando sono finita a Milano, Ria mi ha invitato a visitare la casa. Era una domenica gelida di febbraio, abbiamo pranzato nello studio di Lalla, tra i suoi quadri. Dopo un po’ di tempo, Ria mi ha proposto di lavorare all’Archivio, precisamente di sistemare pile e pile di materiale seppellito in decine e decine di scatoloni. Dunque, sistemavo e catalogavo una quantità enorme di riviste e giornali a cui Lalla era abbonata o su cui scriveva. Tra questo materiale spesso si trovavano cataloghi di mostre, libretti d’opera, programmi di spettacoli, perfino fotografie o lettere dimenticate; ricordo alcuni suoi disegni trovati tra le pagine di un libro. Queste erano le sorprese durante quel lavoro, che tra l’altro si svolgeva nelle camere dove ha vissuto Lalla, dove c’erano tutti i suoi mobili, vestiti e oggetti personali. Ricordo anche le brevi pause-pranzo nella cucina luminosa, e il percorso che facevo ogni mattina per arrivare fuori dal suo palazzo, dove c’è quella grande magnolia.

Come sa, oltre all’amore per Romano, ne condividiamo un altro con maggior slancio, quello per Elsa Morante. Certo la narrativa morantiana non può definirsi né immediata né commerciale, perciò la curiosità mi sovviene immediata: come è considerata la narrativa di Morante in Grecia? E perché la decisione di dedicarsi a un’opera così vasta e non facilmente fruibile?

Dedicarmi alla traduzione di Menzogna e sortilegio era una vera sfida, uno sforzo e insieme una fortuna. Senza dubbio, la narrativa morantiana non è molto conosciuta in Grecia, come anche quella di altri autori raffinati e difficilmente fruibili. In rapporto alla popolazione del paese, il nucleo dei lettori forti è veramente limitato. La storia di Morante è ristampata nel 2019, dopo la prima edizione del 1998. Penso che questo esempio sia rappresentativo della diffusione di una tale letteratura.

Mi sento di dichiararLe tutta la mia ammirazione per il lavoro importante e per il contributo che dà all’affermazione e alla diffusione dell’opera di Morante. Ma immagino che, portare fuori dalla sua casa natale le sue opere, corrisponda in primis a una grande responsabilità. Quanto si sente libera di muoversi all’interno della traduzione che fa dei suoi testi? Cerca di attenersi con estrema fedeltà alle parole italiane, o le capita mai di trasformarle, di cercarne altre affinché i lettori greci riescano a percepirla in tutta la sua grandezza?

La ringrazio di cuore per le parole. Ha ragione, si tratta di una grande responsabilità, quasi una missione. Quel che mi detta il modo di lavorare è un sentimento di rispetto davanti al testo. Cerco di rimanere fedele il più possibile, sempre entro i limiti che la lingua greca mi impone. Quanto alle difficoltà durante questa impresa estenuante, ce ne sono state parecchie: è un libro mostruoso per lunghezza e complessità, sia lessicale sia sintattica, al punto che devi mantenerti sempre in uno stato di allerta. Fortunatamente, la mia madrelingua dispone di una sintassi flessibile, in grado di mantenere grande parte dello stile barocco morantiano. In più, il neogreco conserva tanti tratti tipici della lingua dotta, arcaismi, insieme a una ricca lingua popolare. Una difficoltà ovvia era la densità del testo, ho dovuto rivedere ogni pagina almeno tre volte perhé non mi perdessi nemmeno una parola, neppure una virgola… Sicuramente c’erano frasi che sono legate a un contesto italiano, perciò ho dovuto adattarle o aggiungere delle note alla fine del libro.

Menzogna e sortilegio è di sicuro il libro più romanzesco di Morante, e certamente anche il più lungo. Quanto tempo ci hai lavorato?

Era novembre del 2019 quando ho iniziato a tradurre Menzogna e Sortilegio. Poco dopo è scoppiata la pandemia, con i due lockdown, nel frattempo ho tradotto un libro di Antonio Moresco, e ho consegnato la traduzione di Morante alla fine di novembre 2021. Due anni di lavoro forsennato, che tuttavia ho goduto pienamente. Attualmente sto traducendo Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese, che uscirà in Grecia per la casa editrice Kastaniotis, come succederà a Menzogna e sortilegio.

A proposito dell’opera di Morante che ha tradotto: la scelta del titolo da proporre è stata personale? È lei che ha deciso di lavorare al romanzo che ha tradotto? E se no, che cosa La guida nella scelta dei titoli che andrà a proporre in traduzione?

No, è stata una scelta di Kastaniotis, la quale nel passato ha pubblicato anche La storia, Aracoeli e Racconti dimenticati. Sono davvero grata a Kastaniotis e al suo brillante editor Grigoris Bekos, responsabile per la narrativa straniera, per l’opera che mi hanno affidato. Quanto ai titoli che ogni tanto vorrei proporre, si tratta spesso di autori che non sono commerciali né spesso noti in Grecia. Per esempio, recentemente ho tradotto per l’editore Enipnio due giovani poeti, Tommaso Di Dio e Giovanni Peli, e fra un po’ uscirà una piccola antologia di Amelia Rosselli. Al nuovo editore Loggia ho proposto un’antologia di racconti di Mario Andrea Rigoni, la quale ha avuto un successo imprevisto; ancora per Loggia, tradurrò Dissipatio H.G. di Guido Morselli.

Dopo Campana, Magrelli, Camilleri, Morante, su quale autore o autrice Le piacerebbe rivolgere le sue future fatiche? C’è un personaggio che stimola la Sua curiosità? O ancora… un personaggio che la Grecia tutta dovrebbe conoscere e di cui si farà portavoce?

Finora ho avuto la fortuna di collaborare con case editrici che mi hanno affidato dei lavori che ho amato o che, per una felice coincidenza, desideravo tradurre. Alcuni anni fa avevo letto tanti libri di Antonio Moresco, e ho voluto tradurlo. Allora Kastaniotis ha pubblicato La lucina (2019) e Canto degli alberi (2020), che i lettori greci hanno subito amato. Devo confessare che un mio sogno è tradurre Giochi dell’eternità, la sua trilogia monumentale. Inoltre, un autore in cui credo molto è Matteo Nucci, con i suoi limpidi, affascinanti scritti sull’antichità greca. Spero che venga presto il momento in cui si potrà leggerlo e goderne anche in lingua greca. A volte, trovo degli autori di fine Ottocento o contemporanei che mi interesserebbero, ma la vita è breve e le mie forze limitate... Senz’altro mi piacerebbe tradurre qualche opera di autori già pubblicati in Grecia, come Primo Levi, Pier Paolo Pasolini, Claudio Magris.


Un'ultima domanda: in quanto professionista che vive al di fuori dell’Italia, che concezione e percezione ha della letteratura italiana?

Tranne la lettura di opere classiche del Novecento italiano, cerco – un’impresa ardua nella marea di pubblicazioni quotidiane – di tenermi sempre aggiornata sulle novità editoriali in Italia. Contemporaneamente seguo le traduzioni di autori italiani in altri paesi. Sono sempre aperta a proposte di amici italiani, sia da parte di lettori forti, sia di persone che lavorano nel campo della letteratura.


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