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  • Immagine del redattoreAldostefano Marino

Vita di Moravia, Alain Elkann e Alberto Moravia

Aggiornamento: 13 mar 2023

Vita di Moravia è una lunga intervista pubblicata con Bompiani lo stesso anno in cui Moravia venne a mancare. Curata dal giornalista scrittore Alain Elkann, Vita di Moravia si presenta come un’autobiografia dove lo scrittore, sollecitato dalle domande del giornalista, rievoca le proprie vicende e il suo passato, tra libri, amanti e viaggi.


Il 26 settembre del 1990, ci lasciava un grande personaggio, lo scrittore Alberto Moravia. Una vita lunga e sempre votata all’arte e alla letteratura, che Alain Elkann ha tratteggiato con lui in una appassionata intervista raccolta nel volume Vita di Moravia.


Una vita insolita, come il personaggio che l’ha vissuta. Moravia stesso la definiva «anormale», a causa soprattutto della sua ipersensibilità che lo rendeva diverso agli occhi degli altri. Figlio di un architetto e di sua moglie, Alberto ebbe un’infanzia agiata quanto dolorosa. All’età di otto anni, infatti, si ammalò di tubercolosi ossea e da allora lo accompagnò uno scomodo zoppicare e per diversi anni l’infermità a letto.

Moravia crebbe in mezzo ai libri di suo padre, da Goldoni a Shakespeare a Molière; e a quelli di sua madre, che invece prediligeva romanzi moderni facendosi consigliare dai librai.


Il desiderio di scrivere cominciò proprio allora, tanto che sui quaderni di quando Moravia aveva nove anni, «c’era già lo schema degli Indifferenti». Da sempre coltivava la passione per la scrittura, ma è al senatorio di Codivilla – a soli sedici anni – che cominciò il suo primo romanzo, quello che gli conferì successo inarrestabile.


La prima versione degli Indifferenti venne composta a Bressanone, su fogli di carta velina perché «non aveva trovato di meglio». Proprio allora Moravia individuò anche i suoi poeti preferiti, tra tutti Rimbaud, lo stesso amato dalla donna con cui passerà vent’anni insieme: Elsa Morante.


La grande ammirazione di Moravia si riversò su un grande narratore: Dostoevskij. E poi, naturalmente sui classici del teatro: Goldoni, Shakespeare e Molière.


Gli indifferenti vennero composti oralmente, proprio come un canto, con dei trattini al posto della punteggiatura, «come a indicare il passaggio da un verso all’altro». Infatti, il manoscritto non aveva punteggiatura e venne aggiunta solamente dopo, “come si aggiunge il sale nella minestra”. Per questo, se lo si legge, si può notare che la punteggiatura è molto irregolare. Ma c’è una curiosità da conoscere attorno al romanzo più celebre di Moravia, ossia che il libro venne pubblicato a sue spese dalla casa editrice Alpes.


Subito dopo l’uscita degli Indifferenti, Moravia partì per la Francia e conobbe France. Un amore “autentico, furioso e delicato”, distruttivo e molto sessuale poiché entrambi erano stati provati dalla vita. Fu a lei che Moravia lesse a voce alta nel bosco il primo romanzo, traducendolo in francese, durante lunghe passeggiate. Tuttavia, quel primo amore, non superò l’estate, poiché quando Moravia le chiese di sposarla, lei rifiutò.


In seguito alla buona fama di cui vissero Gli indifferenti, Moravia partì per Londra come referente per La stampa – allora diretto da Curzio Malaparte. Gli articoli ebbero un discreto successo perché riuscì a esprimere direttamente lo stupore per la vita inglese rispetto a quella italiana. Inoltre, Moravia, cominciò a scrivere Le ambizioni sbagliate, romanzo uscito in un periodo particolare per l’autore.


Tra il 1928 e il 1942, Moravia scrisse Le ambizioni sbagliate, alcune novelle surrealiste, La mascherata, e altre prose «piuttosto impettite».


Ma è nel 1942 che esce una delle opere più care a Moravia, ossia Agostino, un romanzo che prese il nome dal mese in cui venne composto e che recupera la linea maggiore dell’ispirazione moraviana.


Dopo Londra fu il momento di Berlino, per raggiungere un nuovo entusiasmante amore, Trude, una giovane incontrata a Londra. Ma dopo averla raggiunta, la donna già sposata gli disse di non aver intenzione di stare con lui, relegando la loro storia a qualcosa di effimero e passeggero. E dopo Berlino è il momento degli Stati Uniti, e poi della Cina, del Giappone…


Nel 1937, Moravia incontra Elsa Morante. Una storia governata dall’amore ma priva di innamoramento.


Ciò che Moravia puntualizza più volte nell’intervista di Elkann è proprio quest’assenza di innamoramento che contraddistinse il loro rapporto. Sin da subito, Alberto capì che dietro di lei si nascondesse una scrittrice autentica. Ancora non era l’autrice di Menzogna e sortilegio, ma scriveva già alcuni racconti ed era molto influenzata da Kafka, e in seguito da Stendhal, personaggi cari allo stesso Moravia. Morante era una donna molto ambiziosa, legata indissolubilmente alla letteratura e con una personalità forte e originale. Insieme fecero la vita che tutti gli artisti facevano a Roma: tutti li conoscevano, li chiamavano Morante-Moravia e li adoravano. Loro non avevano molti soldi, ma erano felici, indipendenti e molto discreti l’uno nei confronti dell’altra. Non parlavano mai dei rispettivi romanzi, al massimo dibattevano di quelli altrui, e per vero, si amarono. Si amarono realmente.


Nel 1941 la coppia si sposò, il giorno dopo Pasqua, in una chiesa dedicata alla Madonna. La sua famiglia non assistette all’unione – per sua volontà – ma alla fine della celebrazione fu la madre di Moravia a dare un pranzo a casa sua. Un pranzo «stralunato e catastrofico», in cui Morante litigò con la suocera perché volle darle consigli di saggezza domestica servendole in cambio una pessima risposta.


Dopo il matrimonio non ci fu alcun viaggio di nozze, partirono per Siena, e subito dopo raggiunsero Anacapri, dove appunto Moravia compose Agostino, che narra il rapporto di un bambino che diviene adulto mentre è con la madre, al mare, in vacanza a Viareggio.

Agostino venne pubblicato nel 1944, in piena occupazione nazista, e le bozze vennero corrette da Elena Moravia, sorella di Alberto.


La censura non diede subito il nulla osta per la pubblicazione, in quanto Alberto era già stato individuato come antifascista a partire dal romanzo degli Indifferenti, e ciò ritardò la pubblicazione del volume.


Quando poi la guerra finì e Badoglio riformò i fasci, Morante-Moravia scapparono a Sant’Agata, in Ciociaria, dove si nascosero per sfuggire alle persecuzioni dell’ultima ondata distruttiva. Dentro una vecchia e minuscola abitazione in un villaggio montano di pastori, i due cercarono riparo per una settimana, in attesa dell’arrivo degli americani, e cominciarono a scrivere – nel caso di Elsa, a pensare – i loro romanzi più importanti, ossia La ciociara e La storia. Ma il soggiorno si protrasse oltre il dovuto, e rimasero lì per più di nove mesi, prima di tornare a Roma passando per Napoli. Quello, tuttavia, era stato il periodo più intimo con Morante.

Da allora in poi il nostro rapporto andò lentamente raffreddandosi anche per una ragione specifica e curiosa di cui ho già parlato. Elsa nella vita prediligeva i momenti eccezionali, passionali, insomma il sublime ed era invece stranamente goffa nel gestire il tran tran quotidiano.

Quando poi riprese la vita normale, Moravia cominciò a vivere di articoli. Prima collaborò con Libera stampa, poi al Corriere della Sera, infine con una catena di giornali: Messaggero, Resto del Carlino, Nazione. Ma che cosa significava per Moravia, scrivere per un quotidiano?

Significa poter viaggiare. Mi spiego: ho collaborato con il Corriere della Sera dal ’46 […] a oggi […]. Il giornale mi ha offerto la possibilità economica di fare viaggi, altrimenti, come sai, non avrei potuto farli. Poi questa possibilità economica è diventata uno stimolo, un incitamento interiore a trovare luoghi e paesi da visitare, da scoprire.

Agostino ricevette il primo premio letterario dopo la guerra, il premio del Corriere lombardo, che non ritirò perché non aveva i soldi per andare a Milano. In quello stesso periodo mancò suo padre, ereditò da lui tre case e un villino, una soluzione che in qualche modo gli garantì un po’ di fortuna. Dopo aver venduto la casa di via Sgambati, Moravia comperò un meraviglioso appartamento in via dell’Oca dove andò ad abitare con Morante. Infine, per lei, un piccolo studio in via Archimede.


Negli anni del dopoguerra cominciò per Moravia un periodo di noia, contraddistinto soprattutto dall’affievolirsi dell’amore con Elsa.


Durante quegli anni scrisse altri due libri di successo: La romana(1947) e I racconti romani, con cui si aggiudicò il Premio Strega (1952). Il primo è un romanzo di oltre 500 pagine scritto in 4 mesi nato dalla volontà di raccontare «in una novellina di tre pagine un episodio della mia vita avvenuto nel ’36». Il secondo è invece una raccolta di tutti i suoi racconti scritti fino a quel momento.


Ma è durante il lungo sodalizio con la scrittrice Morante che Alberto ebbe la possibilità di conoscere e frequentare Pier Paolo Pasolini. Pasolini era un caro amico della moglie, e presto divenne anche un suo affezionato. Insieme fecero diversi viaggi in giro per il mondo, tra cui l’India, posto che venne raccontato sia da Pasolini che da Moravia, in due celebri libri pubblicati in quegli anni.


Dopo la lunghissima relazione con Elsa Morante, Moravia incontrò Dacia Maraini, e nel 1962 andarono a vivere insieme.


Furono anni diversi quelli di Moravia trascorsi con Maraini. Anni dedicati soprattutto al viaggio. Insieme presero l’abitudine di recarsi una volta all’anno in Africa per ben 18 anni, e viaggiarono insieme viaggiarono e partirono per molti altri posti. Una volta, per casualità, si ritrovarono in viaggio con Maria Callas, intenta a scegliere il posto in cui girare il nuovo film dell’amico Pasolini. Rispetto all’altra relazione, quella di Maraini e Moravia è stata più leggera e spensierata: anche nel modo di viaggiare, Morante e Maraini furono totalmente diverse, ma Alberto ebbe a cuore entrambe in modi totalmente differenti.


Gli anni Settanta sono quelli in cui vide la luce La vita interiore, romanzo significativo per studiare l’iter di pubblicazioni di Moravia.


Dopo la relazione con Dacia Maraini, arrivò l’ultimo suo grande amore, di cui non si parla a fondo nel libro perché Moravia preferì non farlo – essendo ancora a lei sposato in quel momento -. Si tratta della giovane Carmen Llera, che dopo solo due anni andò a vivere con lui.


Quelli furono gli anni più felici probabilmente, perché caratterizzati dalla spensieratezza dovuta alla giovinezza dell’amante – che infatti aveva quarantacinque anni in meno di lui -. Dopo il conferimento del titolo di «Personalità Europea», in quegli stessi anni, verrà eletto Europarlamentare nelle liste del PCI, ruolo che non rivestì con molta attenzione ma che lo vide coinvolto direttamente sulla scena politica.


Con la narrazione di questi ultimi accadimenti si conclude l’autobiografia giornalistica di Alberto Moravia, a cura di Alain Elkann. Dagli anni Dieci fino alla fine degli anni Ottanta, attraverso la sua storia di narratore e letterato, si delinea la narrazione di un grande testimone del secolo scorso, della miseria, della guerra, della gioia delle piccole cose, e del mondo piccolo borghese novecentesco. Al contempo, dalle parole di Moravia emerge la testimonianza di una società artistica e culturale, e di un mondo letterario in fermento, attualmente inesistente pressoché ovunque. L’esempio di un autore che ha saputo essere contemporaneo e sempre dalla parte dell’arte, delle idee e degli artisti, senza mai schierarsi dalla parte del potere.

Era un artista, un uomo libero che esprimeva le sue idee. Bisognerebbe imparare molte cose da Alberto Moravia. Alain Elkann, 25 febbraio 2007
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