Ha già un anno di vita la giovanissima casa editrice milanese Utopia editore, che ha cominciato il suo cammino con un titolo tanto emblematico quanto tristemente dimenticato: Gente nel tempo di Massimo Bontempelli.
Nata dall’impegno di sette ragazzi under 30, Utopia intende recuperare alcune tra le voci più rappresentative della narrativa e della saggistica del Novecento.
Un gruppo di lavoro affiatato: un editor che per ogni volume pubblicato scrive una lettera ai lettori; un social media manager e un ufficio stampa che dedicano attenzione a ogni aspetto della promozione; una veste grafica unitaria e delicata, di grande impatto e riconoscibilità. Ma dietro tutto il lavoro, una grande passione comune: a renderli ancor più coesi è l’amore per la letteratura e per la lettura.
A Utopia, bisogna subito render merito l’intuito di aver riproposto un autore ormai dimenticato e che in pochi realmente conoscono: Massimo Bontempelli. Come lui, molti altri sono gli autori riproposti da Utopia: Anne Carson, Camilo J. Cela e tante diverse riscoperte.
Nato a Como nel 1878, Massimo Bontempelli fu uno tra gli autori più innovativi del Novecento; ma soprattutto fu l’iniziatore e uno dei maggiori esponenti del cosiddetto realismo magico italiano.
Fu a partire dal 1904 – dopo le lauree in Lettere e in Filosofia a Torino – che Bontempelli pubblicò le prime raccolte di poesie e di racconti. Dal 1910, in seguito al matrimonio, Bontempelli si stabilì a Firenze. Lì cominciò il lavoro di giornalista presso celebri testate, tra cui Le cronache letterarie, Il Corriere della Sera, Il Nuovo Gornale e molte altre ancora. Da quel momento, la vita di Bontempelli sarà improntata verso l’impegno autoriale.
Il realismo magico di Gente nel tempo – pubblicato per la prima volta in libreria nel 1937 – è anticipato dalla rivista 900. Qui, sul modello francese, Bontempelli invita i lettori a esplorare le meraviglie dell’inconscio. E per l’autore milanese, quella stessa diviene la sua missione narrativa: semplificare la complessa realtà in favole e miti inediti. È attraverso la magia e i desideri inconsci, infatti, che l’uomo può liberare se stesso dall’opprimente contemporaneità in cui egli vive.
C’è una data precisa all’inizio del racconto, che coincide con l’esordio della malasorte per la famiglia dei Medici: il 26 agosto 1900. Ma è la morte della austera e inflessibile Gran Vecchia a far cominciare il romanzo.
In una villa in Liguria, immersa nel proprio materasso e priva ormai di qualsiasi speranza di superar la notte, la Gran Vecchia assegna compiti e incarichi ai tristi famigliari che piangono l’aggravamento delle sue condizioni di salute. Tutti la ascoltano, a metà tra la paura e l’incredibilità delle sue parole, proprio come hanno sempre fatto: e in quel momento, la dispotica capostipite della famiglia dei Medici annuncia ai parenti una malvagia premonizione: nessuno di loro tarderà troppo a morire. E attorno a questa minaccia spietata si costruisce tutta la vicenda del romanzo.
Difatti, Gente nel tempo è una storia che parla più di morte che di vita; e soprattutto di quella paura che tutti nutriamo – chi più chi meno – di lasciar il nostro cammino. È la storia prima di Silvano e Vittoria, due genitori che per tutta la vita hanno risentito dell’influsso e dei condizionamenti della Gran Vecchia, dispotica e calcolatrice e intenta a organizzare persino le sorti di chi è riuscito a sopravviverle.
Del resto nessuno di voi morirà vecchio. La gran vecchia, Gente nel tempo, M. Bontempelli (Utopia, Milano 2020)
Silvano e Vittoria, prima che coniugi sono cugini: da loro vengono al mondo due sfortunate figlie: Nora e Dirce. Ad ambedue tentano di nascondere la preannunciata sorte, che suona come una minaccia oltraggiosa, una condanna a cui sembrano esser destinate con certezza. Un’ipotesi a cui non vogliono credere, ma a cui tutti son costretti a piegarsi con l’avverarsi della prima di quelle annunciate morti. Il primo a morire, difatti, è proprio Silvano, nello stesso giorno in cui cinque anni prima è morta sua madre, la Gran Vecchia.
Da quel momento, in un crescendo di suspense, con un cadenza precisa e minacciosa, ogni cinque anni, un membro dei Medici perderà la vita, finché non rimarranno che Nora e Dirce.
Le due ragazze, infatti, le sole superstiti della famiglia, attendono la loro fine. Nelle osterie di Colonna cominciano le scommesse: tutti si domandano chi sarà la più sfortunata tra le due sorelle, quale sopravviverà all’altra. E nella paura, l’affetto le unisce sempre di più, mentre si interrogano sulla curiosa origine di quelle scadenze imposte dalla Gran Vecchia.
Ambientato tra la città di Colonna – in provincia di Pavia – e il capoluogo lombardo, Gente nel tempo affresca in modo abbastanza reale una società improntata sui miti antichi e sulle credenze popolari. Una società che proprio nel momento in cui Bontempelli scriveva, cambiava sotto i suoi occhi, si plasmava e si riadattava ai giorni moderni, fatti soprattutto di tempi nuovi, totalmente diversi rispetto al passato.
È il tempo il peggior avversario dei personaggi del romanzo, e anche tutto ciò a cui ruota l’esistenza: non un nemico malvagio, non un mostro spaventoso, ma la promessa che ogni cinque anni uno dei componenti dei Medici morirà. Potrebbe trattarsi di una coincidenza, uno strano scherzo del destino, ma tutto sembra dar adito a quelle insensate previsioni. E così, per Nora e Dirce diventa difficile anche crearsi un futuro: affezionarsi a qualcuno, trascorrere un giorno senza pensare alla loro triste sorte.
Nora e Dirce sono state private della loro giovinezza. Non hanno sogni, ambizioni, né vie di scampo. Sono figlie di un tempo che le ha portato via i desideri.
E mentre le ultime due eredi dei Medici si affrettano a trovar soluzioni, fuggono lontano da Colonna per scampare alla maledizione, esse sembrano esser richiamate a quel posto con una scadenza inviolabile, guidate solo dalle proprie sensazioni e angosce.
In questo modo, anche per il lettore, Gente nel tempo si trasforma in un romanzo avvincente, un giallo dal ritmo incalzante che lascia il lettore in apprensione per le protagoniste, finché non apprende come andrà a finire per Dirce e Nora.
Con un stile innovativo e per alcuni versi coraggioso, a Bontempelli non interessa che raccontare quel tempo a cui entrambe sono costrette fino alla loro morte. Tutto ciò che è esterno ai Medici perde d’importanza anche per l’autore, esattamente come i pensieri a cui sono condannati tutti i personaggi di Gente nel tempo.
Né nello sviluppo dell’intreccio, tantomeno nell’epilogo del romanzo sembra esserci consolazione alcuna. Poiché se è vero che, prima o poi, tutti siamo condannati a morire – e solo verso la morte tendiamo – “non importa morire, importa non sapere quando“: e già soltanto questa citazione rispecchia una delle inquietudini più grandi dell’uomo del XXI secolo.