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  • Immagine del redattoreAldostefano Marino

M. L’uomo della provvidenza, Antonio Scurati

Aggiornamento: 22 dic 2021

È uscito il 23 settembre il nuovo capitolo della tetralogia scritta da Antonio Scurati: M, L’uomo della provvidenza. Inizialmente pensato come una trilogia, pare che si appresti a diventare una quadrilogia romanzata. Tale aggettivo è volto non tanto volto a categorizzare i contenuti del libro, quanto i metodi e le dinamiche attraverso cui viene narrata la Storia. Infatti, ogni parola e fatto raccontato proviene dalla realtà e direttamente dalla Storia.


Non è un’impresa facile se si pensa alla moltitudine di documenti da reperire per comporre un’opera del genere; ma nemmeno difficile, se invece, si guarda a Mussolini come a un enorme personaggio – l’esempio eclatante di come talvolta la realtà superi di gran lunga la fantasia. Se tutto questo non fosse realmente esistito, su un personaggio come Mussolini si sarebbe comunque potuto inventare un romanzo distopico… o forse non saremmo stati in grado di spingerci a così tanto.


Se nel capitolo precedente Scurati ha narrato soprattutto della giovinezza di un misconosciuto socialista dai grandi ideali e della sua campagna di convincimento delle masse, in questo volume, racconta del desiderio di affermazione di quel potere fino al trionfo totale del fascismo e dell’Italia di Mussolini.

L’alito è pesante, il dolore addominale opprimente, il vomito è verdognolo, striato di sangue. Il suo sangue. I fogli inchiostrati planano nella pozza maleodorante. Impossibile leggere il giornale. Il suo corpo glorioso, gonfio d’ipersecrezioni acide e di gas, ingioia aria e cerca ossigeno reclinando il capo all’indietro del bracciolo del divano.

Inizia così M, L’uomo della provvidenza, quando Mussolini – subito dopo il caso Matteotti del 1925 – è tormentato da aggressivi dolori addominali e il popolo italiano e tutto il resto del mondo è in pena per lui. A lui, e solo a lui, Benito Mussolini, si riconosce la possibilità di salvare l’Italia e di riportare Roma caput mundi.

In questo secondo volume, lo sguardo di Scurati si allarga sul resto del mondo, che presto avrebbe dovuto piegarsi alla potenza dell’Italia e dell’Uomo della provvidenza. Il protagonista, stavolta, è un uomo sempre meno uomo e ora idolo più che mai. È Benito Mussolini, un uomo amato da tutti e sopra a tutto dalle donne. Non è più quel giovane dalle origini umili che si è fatto da solo: ora è Benito Mussolini, l’uomo del secolo, l’uomo della provvidenza. Un uomo circondato da amanti, mogli, persone che pendono dalle sue labbra. Che non ha paura di niente e che non si ferma neanche davanti alla morte. Un uomo disposto a sacrificare qualsiasi cosa – i propri affetti, svaghi e amici – a costo di riuscire nel suo unico intento: rimediare a ciò che i suoi precedenti hanno rovinato.


L’uomo della provvidenza esordisce nel 1925, anno di transizione per l’impero e di grande crescita per la figura di Benito Mussolini.

A seguito della morte di Matteotti, i responsabili del delitto saranno puniti blandamente e il duce rischierà la vita più di una volta. È così che accade ai perfidi capi di stato di tutti i tempi quando il potere si sta sgretolando: arriva una disgrazia, un brutto fatto, che ribalta le sorti della storia. Allo stesso modo va al duce: sventato un attentato, poi un altro e ancora altri due, rischiare la morte pare essere la chiave vincente. Il popolo italiano si affeziona a lui e gli pare di riconoscere dietro questo personaggio basso di statura, la figura di colui che salverà gli italiani da anni di sperperamento e dalla rovina del dopoguerra.


A partire dalle «leggi fascistissime» del 1926 – che avrebbero dovuto portare un cambiamento non solo nella vita politica degli italiani – ma anche nella loro più profonda indole e moralità, Scurati intende rappresentare non soltanto un uomo potente quanto senza scrupoli, ma in modo particolare le sorti di un popolo illuso e senza scampo.

Un popolo fatto di uomini e donne che su quegli anni italiani hanno riposto le loro speranze, ambizioni e desideri. Un popolo piegato alla volontà di un capo che ha saputo fare leva sul malcontento di un’intera nazione.


Roma è la città prediletta di Benito Mussolini. Infatti, il duce si trasferirà nella famosa villa romana, dell’architetto Torlonia, pagando annualmente l’importo simbolico di una lira.


Proprio in quella suntuosa villa dagli infiniti giardini e i bunker sotterranei, Mussolini porterà dapprima le sue amanti e i divertimenti, per poi trasferirsi lì con sua moglie Rachele e la giovanissima Edda. Sono le donne una delle sue più grandi passioni: Mussolini può – a causa dell’ulcera – far a meno dell’alcool, del tabagismo e persino del fumo; ma mai e poi mai sarebbe in grado di non frequentare più le donne. Tuttavia, del gentil sesso, Mussolini non si fida realmente. Sua moglie Rachele, infatti, è l’unica di cui sinceramente si fida: una giovane donna sottratta a suo padre quando era ancora minorenne e portata con lui con la forza.


C’è anche Margherita Sarfatti – la prima a scrivere di lui una memorabile biografia, Dux – che contribuì più di qualsiasi altra persona a idealizzare la figura di Mussolini in tutto il mondo, ergendolo a grande eroe di tutti i tempi, voluto dalla Provvidenza. Mussolini, “l’uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare”, così come venne definito da Pio XI, è anche fautore di un accordo risolutivo tra Stato e Chiesa, ossia i Patti Lateranensi. Con essi, il cattolicesimo apostolico romano diviene l’unica religione di Stato.


Durante quegli anni è anche il momento della conquista del deserto, della creazione dei primissimi campi di concentramento, del fosgene e dell’iprite, e delle bombe chimiche dagli affetti letali.


I territori libici controllati da oltre dieci anni dagli italiani vengono definitivamente annessi al controllo dell’Italia, che punta ad avere l’egemonia mondiale e sogna di spingersi fino all’America. Contemporaneamente i primi antifascisti, i socialisti, i democratici e i sindacalisti vengono puniti. I più fortunati riescono a fuggire in Francia, ma altri sono costretti alla sofferenza e all’emarginazione. È il caso di Gramsci, in carcere a Regina Coeli con Leone Ginzburg. Mentre De Gasperi è costretto a ritrattare le sue punizioni a favore del regime, Treves esiliato in Svizzera, e molti altri…


Anni contraddistinti dalla sofferenza e dal dolore, dalla discriminazione e dalla violenza, ma ancora tristemente ancorati a un raro quanto frequente credo: «Ha fatto anche cose buone».


Ma che cosa sarebbero quei ponti, quegli acquedotti, quei musei, la romana via dell’Impero, e i grandi edifici del futuro? Che cosa sarebbe stata Milano, e Roma, senza l’aiuto e il lavoro della povera gente sacrificata e scomparsa per la megalomania di un uomo solo e di un’intera penisola che si piegò ai suoi piedi?

Potrebbe sembrar banale, ancora una volta, ribadire l’importanza cruciale di un libro di questo genere, tuttavia occorre farlo.


Perché M, contrariamente a quanto si pensi, è il manifesto dell’antifascismo. È il tentativo di ripercorrere la storia senza posizioni e preconcetti affinché conoscendo il male a cui il mondo si è piegato sia possibile evitarne di nuovi. M, è una riflessione attenta sugli sbagli non di una sola persona, ma di una nazione intera che ha ispirato e dato vita alle atrocità più grandi del secolo scorso.


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