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Immagine del redattoreAldostefano Marino

Vita e morte di Romain Gary

Aggiornamento: 13 mar 2023

In russo, gari significa brucia!, un comando al quale Romain Gary (all’anagrafe Romain Kacev) non riesce a sottrarsi. Un brillante scrittore ebreo, figlio d’arte, nato nel 1914 in Lituania, che ha lasciato un segno nella letteratura francese del Novecento, sempre attento ai deboli e ai personaggi più dimenticati della società.


Romain Gary, figlio di Ivan Mosjoukine – celebre attore e regista russo – e di Mina Owczynska, giunse in Francia per la prima volta alla giovane età di tredici anni. Con sua madre, Gary ha un rapporto speciale: riconosciuta più volte sotto la qualità di «madre straordinaria», il suo ricordo è vivo tra le pagine della Promessa dell’alba. In realtà il loro rapporto è abbastanza tormentato: Gary è ossessionato dal suo amore, dalle scelte che ella farebbe al posto suo – come un grillo parlante o una coscienza scomoda – ed è proprio in quelle circostanze materne che per l’autore origina «un costante bisogno di femminilità»; una frequente ricerca di affetto e dolcezza. Tanto che, per tutta la vita, sarà molto caro per Gary abbandonare quell’etichetta di sciupadonne e di Don Giovanni che in realtà egli disprezza totalmente.

Del resto è risaputo: per tutta la vita sono andato alla ricerca della femminilità. Senza quella, l’uomo non esiste. La notte sarà calma, Romain Gary, Neri Pozza, Milano 2011 (p.10)
Immagino che sia quel che si definisce una madre «invadente», una madre «dominatrice». Avevo sempre un testimone dentro di me, ce l’ho ancora. Gli adolescenti diventano delinquenti perché non hanno testimoni. Padri e madri che se ne fregano, oppure né padri né madri. Senza un testimone interiore si può arrivare a fare di tutto. La notte sarà calma, Romain Gary, Neri Pozza, Milano 2011


L’educazione di Gary è forgiata dal professor Louis Oriol.


Un’infanzia e un’adolescenza abbastanza travagliate: più volte accusato, interrogato dalla polizia (almeno tre volte), arrestato, sempre presente all’appello delle sbagliate compagnie, Romain Gary trova nella letteratura e nella conoscenza le uniche sue vie di espressione, all’interno di una società fondata sul machismo, e quindi sulla predominanza dell’uomo sulla donna.

Arrivato a Nizza, Gary è seguito da un insegnante invalido della prima guerra mondiale, «che bisognava sollevare dalla poltrona per farlo arrivare alla cattedra».

Non lo dimenticherò mai. Mai. Gli uomini non si fanno scopando, si fanno con le mani. La notte sarà calma, Romain Gary, Neri Pozza, Milano 2011 (p.120)


Il ruolo di Romain Gary all’interno della società francese è andato ben oltre un’aderenza alla figura di vate.


Per Gary l’arte ha l’obbligo di adoperarsi per la ricerca dei valori veri; e lo scrittore, anch’egli, ha il dovere di ricercare la verità all’interno della propria letteratura. Ma la concretezza di Gary non si limitò a emergere nelle sole narrazioni.


In seguito agli studi in giurisprudenza si arruola nel corpo dell’Aviazione francese, e condividendo con il generale De Gaulle lo spirito e gli ideali, combatterà con la Forces aériennes françaises libres durante la Battaglia di Francia. Riconosciutagli dopo la guerra, la Legion d’onore (la più alta onorificenza conferita dallo Stato francese), Gary intraprese la carriera diplomatica come console generale francese in California.

La parola «diplomatico» non nasconde niente di più misterioso di un negoziatore, qualcuno capace di stabilire contatti a un livello più o meno elevato, un uomo da «pubbliche relazioni», e un avvocato. Per quanto riguarda poi le nozioni di ambiguità e di menzogna, sono particolarmente comiche. È un mestiere in cui è praticamente impossibile mentire, poiché la maggior parte del tempo si tratta della trasmissione di consegne precise. La notte sarà calma, Romain Gary, Neri Pozza, Milano 2011


Dopo i primi tentativi letterari, all’interno dei quali è già possibile intravedere parte di quella che sarà la sua filosofia, nel 1956 Gary si aggiudica il Goncourt con Le radici del cielo.


Un romanzo protoecologista, che si pone nella tradizione letteraria come anticipatore rispetto a temi allora ancora poco dibattuti. Romain Gary ha un gran rispetto della Terra, della natura, e dell’ambiente; incornicia Le radici del cielo con le terre africane, ma il focus è rivolto agli elefanti, bestie immense per cui egli spinge alla difesa della specie. Ma l’attenzione per i deboli si fa lampante quando i prigionieri di un campo di concentramento, tornati in libertà ricominciano a vivere e si reinventano.


In quegli stessi anni, frequenti sono i soggiorni in lungo e in largo per l’America – anche grazie al suo incarico di console. Gary comincia a comporre alcune delle sue opere in americano, poi le traduce (riscrivendole in toto) in francese.

Il viaggio, in modo particolare, rappresenta per l’autore una via per entrare in contatto con la conoscenza, e la scoperta dell’altro. Questo desiderio costante di scoprire l’ignoto, accompagnerà sempre Gary nella quotidianità, al punto che anche le lingue da usare diventano per lui un modo per «ricercare un “altrove”».


Negli anni Sessanta, Gary sposa l’attrice Jean Seberg, l’interprete di Bonjour tristesse e A bout de soffle.

La loro unione è destinata a durare per nove anni, ma quando si incontrano, tra di loro, molta è la differenza d’età. Seberg ha appena vent’anni, e Gary decide di lasciare per lei la carriera. Insieme hanno un figlio, ma la storia si conclude con il divorzio. Un «divorzio perfettamente riuscito» tuttavia, perché quando arriva, la coppia già da un po’ si è avviata verso la lacerazione e «la perdita di ispirazione», e decide consapevolmente di mettere fine alla relazione. Da quel momento, cambia anche il ruolo che Gary ha nei confronti della donna, che passa «dal ruolo di moglie a quello di figlia», dal momento che Gary non ha mai avuto figlie femmine.


Alle accuse che gli vengono rivolte, circa il fatto che Gary esercitasse «un ascendente totale su Jean Seberg e la formava, la plasmava a suo piacimento», l’autore spiega nella Notte sarà calma:

Aveva molta più influenza Jean su di me che io su di lei, e credo che lo si possa dimostrare facilmente. Quando l’ho incontrata, lei era una stella del cinema e io un console generale in Francia. Quando ci siamo separati, lei era sempre una stella del cinema, e io ero diventato un regista. La notte sarà calma, Romain Gary, Neri Pozza, Milano 2011 (p. 229)


Ma tantissime sono le donne che Gary amò in vita sua, prima tra tutte la giovane Ilona Gesmay, schizofrenica e dipendente dalle droghe.


Dietro questa fine disperata del primo amore di Gary, si nasconde il totale disprezzo dell’autore verso le dipendenze. Ma c’è anche un’altra donna che compare quando Gary ha diciannove anni, una donna di cui egli si innamora ma che lo abbandona per un altro che le insegna a «farsi in vena». Per tutta la vita, Gary si tiene lontano persino dall’alcol, nonostante entri spesso in contatto con un mondo americano sfavillante, e pieno di promesse, di feste e dipendenze, tra i quali personaggi primeggia Marilyn Monroe – un’attrice eccezionale, che si era persa nel ruolo che l’America le aveva cucito addosso, senza possibilità di ritrovarsi.


In quegli anni, Gary continua a viaggiare per il mondo, e mai smette di rivolgere alla scrittura gran parte delle proprie speranze.


Scrive un libro appresso all’altro, e dedica al momento della composizione dalle sette alle nove ore al giorno. La scrittura, in qualche modo, diviene per lui un dovere – e al contempo un incredibile potere, tramite cui cercar di cambiare il mondo, o di avvicinarlo a un ripensamento dello stesso.

Ma la scrittura, per Gary non è soltanto un modo con cui tentare di mettere a posto le idee degli altri; è anche una via per leggersi dentro, per comprendersi, per soddisfare quel desiderio di raggiungere sempre altre dimensioni, altre realtà.

Anche il cinema diventa per Gary un mezzo su cui riversare le proprie attenzioni; con la regia degli Uccelli vanno a morire in Perù, Gary approda finalmente anche alla settima arte, e lo fa portando in campo un tema coraggioso che gli avrebbe dato diverse grane. Ciò di cui Gary voleva parlare era infatti la questione cara agli anni Sessanta-Sessanta sulla frigidità femminile. Alla sua comparsa nelle sale il film venne censurato poiché, come c’era d’aspettarsi, i modi di Gary erano i soliti: rudi e taglienti, per una delle opere più irriverenti e femministe di quegli anni.


Ma nel 1979, arriva per Gary un colpo fatale, da cui sarà difficile riprendersi senza dover sacrificare una parte di sé. L’attrice ed ex moglie Jean Seberg viene ritrovata esanime all’interno della propria automobile, dopo un’ingestione mortale di barbiturici. Come se, anche quell’atroce fatto, non fosse altro che una conferma di tutte le idee che Gary aveva sostenuto a gran voce.


Solamente un anno dopo sarà Gary a togliersi la vita, e a compilare di suo pugno un testamento che gli sarà pubblicato postumo.


Ma dietro quelle pagine manoscritte, si nasconde in realtà un segreto che agli occhi di molti era risultato del tutto occulto. Perché tra quelle rivelazioni, Gary dichiarava di essersi nascosto per molto tempo dietro lo pseudonimo di Emile Ajar, nonché vincitore del Goncourt con La vita davanti a sé. Ed è questa, forse l’opera più grande di Gary, quella che sottintende il suo vero originario intento: costruire un romanzo, in cui anche l’autore potesse far parte di quel gioco di finzione proprio della narrativa. Così, il detto di Rimbaud, il più visionario tra i poeti, «Io è un altro» non può che divenire perfetto se lo si cala sul personaggio di Romain Gary.


Appena uscito, La vita davanti a sé si aggiudicò il Goncourt, e procurò a quello scrittore esordiente una popolarità tale che non di rado Ajar veniva paragonato all’ormai «fallito» narratore francese, Romain Gary. Nessuno però era stato in grado di andare oltre quel gioco di finzione, nemmeno quando dietro l’immagine dell’autore si scoprì esserci suo cugino, Paul Pavlevitch. Invece, solo con la scomparsa dell’autore, Gallimard si preoccuperà di diffonderne il testamento letterario, fino a rimettere in discussione l’intera società letteraria francese, e il ruolo del romanzo nella società.


Ajar non fu l’unico pseudonimo utilizzato da Gary – come sappiamo, Gary stesso lo era.


Romain Gary è stato autore anche di un romanzo poliziesco a tinte politiche, Le Teste di Stéphanie, con il nome di Shatan Bogat; e persino di un testo satirico-allegorico firmato con il nome dell’italiano Fosco Sinibaldi. Era come se anche tutti gli elementi della vita di Gary facessero parte di un grande romanzo, a partire dall’autore stesso.


Le molte donne che ha frequentato, le idee che egli ha avuto la forza di sostenere, l’attenzione particolare per i deboli e i meno fortunati hanno contribuito a rendere Gary un grande autore indimenticabile della letteratura francese.

Anche l’operazione compiuta per la scrittura della Notte sarà calma, ha qualcosa di originale, perché prende vita da un’intervista che Gary affida a un giornalista immaginario, che ha il nome di un suo amico d’infanzia. Insieme a Vita e morte di Emile Ajar, La notte sarà calma è un testo fondamentale per comprendere l’autore. Ma per la brama di conoscerlo, non si cada nell’errore che basti leggere gli scritti autobiografici, in quanto Gary è onnipresente in tutte le sue produzioni. C’è molto di lui anche nella Vita davanti a sé, nelle Radici del cielo, in Cane bianco, e in tutti i testi che hanno contribuito a rendere celebre la sua figura.


L’intento primordiale di Gary non era tanto quello di sottrarsi dalla scena pubblica, bensì la volontà di dimostrare in che modo un autore può rimanere «prigioniero della “faccia che gli hanno creato”». Insieme a questo, vi è il profondo desiderio di Gary di avere la propria rivincita, ormai considerato come uno scrittore che aveva già dato tutto ciò che poteva dare. Ed è per quello che alla fine, anche La vita davanti a sé è il romanzo dell’angoscia di un ragazzino per tutta la vita che ha davanti, proprio come Emile Ajar.


Una vita al limite è stata quella di Romain Gary: incompresa, poco analizzata, e osservata soltanto da un unico punto di vista.


Sognatore e amate instancabile, Gary ha dato vita a un genere di narrazione che prima d’allora non esisteva. Potremmo qui chiamarlo il romanzo totale, un romanzo di cui non fanno parte solo le storie e i personaggi che popolano i libri, ma di cui fa parte l’autore stesso.


Così Gary, ormai depresso e arreso alla perdita della sua ex moglie, lascia scritto che con quell’addio non c’è alcun collegamento con la scomparsa di Jean Seberg. E negli ultimi propri istanti di vita si preoccupa per chi lo ritroverà esanime dopo essersi sparato un colpo di pistola. Per questo, acquistò una vestaglia scarlatta affinché chi lo avesse scoperto non ne rimanesse traumatizzato dalla visione del sangue. Anche in queste sue azioni, d’altronde, è possibile riconoscere quel Romain Gary caritatevole e pieno di cuore, che la stampa ha sempre faticato a identificare.


E nel salutare e concludere la sua pseudo intervista con il giornalista amico d’infanzia, la tenerezza del cruento Gary dalle parole atroci e scurrili ma delle storie piene d’amore, si racchiude tutta nel pensiero che egli dedica al proprio cane, che sogna di rincontrare in miglior vita.

Mi sono davvero divertito. Arrivederci e grazie. Romain Gary, 21 marzo 1979. Conclusione di Vita e morte di Emile Ajar, Romain Gary, Neri Pozza, Milano 2016


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